Da Follonica a Cecina a piedi via sentiero
Post prolisso e lungo, se siete di corsa lasciate stare.
Una cosa che ho sempre adorato fare è aprire la carta topografica, decidere da dove partire, dove arrivare e poi trovare l'insieme di percorsi (sentieri, carrarecce, strade) che mi portaranno da un punto all'altro.
In passato, quando tra il '96 ed il 2003 andai a fare trekking in Corsica, Scozia, Finlandia ed Irlanda, feci sempre così. Prima mi documentavo con qualche libro su dove si trovavano le aree più belle ed interessanti, i parchi, le informazioni di massima, le indicazioni sulla cartografia, ecc.
Quindi acquistavo le carte topografiche, le dispiegavo sul pavimento e cercavo i percorsi. Calcolavo i tragitti, li dividevo in tappe, definivo a priori le probabili aree di bivacco individuando bivacchi e rifugi esistenti o semplicemente in base alla morfologia del terreno ed alla distanza che ipotizzavo di poter percorrere in base al mio allenamento. All'epoca Internet non offriva tutti i servizi di cartografia oggi disponibili ed io non avevo ancora cominciato ad usarlo.
Lo studio del percorso
Così, come in passato, ho deciso da dove partire, Follonica, e dove arrivare, Cecina, ho aperto la carta digitale su Komoot ed ho definito un primo percorso, che ho poi esportato in gpx ricaricandolo su Inkatlas in modo da poter stampare la carta topografica. Sono fatto alla vecchia maniera e mi piace usare carta e bussola anche se un navigatore GPS risulta utile e comodo, come buon dispositivo di scorta o verifica.
OpenTopoMap
Ho quindi cominciato a riportare sulla carta stampata le informazioni sulle strutture lungo il percorso, le distanze parziali, l'ascesa o discesa, la tipologia di percorso, evidenziato i confini delle riserve naturali che avrei attraversato (nelle quali il bivacco non è permesso).
carte da Inkatlas - OpenTopoMap
Ho definito i waypoint e definito degli Exit Point, ossia dei punti su strada asfaltata che in caso di necessità avrei raggiunto e nei quali i miei famigliari avrebbero potuto venirmi a prendere in auto, salvandone il link Google Maps da inviare via messaggio.
Orientamento
La prossima volta non caricherò la traccia gpx su Inkatlas, perché segnandola come linea rossa sopra al percorso nasconde la natura del tracciato (sentiero, carrarecci, strada). Avevo le note a lato ma devo ammettere che la stanchezza può giocare brutti scherzi. Dopo diverse ora di marcia fermarmi con lo zaino a spalle per consultare con attenzione la carta si rivelava una tortura e ciò può portare a consultazioni veloci ed errori.
Il navigatore GPS, cartografico o meno, è un ausilio che consiglio. Spesso i tracciati corrono in cresta, ma il sentiero è totalmente immerso nella vegetazione che non si riesce a guardasi intorno per individuare i dettagli della territorio, delle morfologia, che aiutano a fare il punto carta correttamente. Il GPS è anche utile per il conteggio delle distanze, per esempio misurare gli X metri che ci separano dal prossimo bivio. In alternativa si può ricorrere alla tecnica del doppio passo, ma quando si è stanchi diventa un problema.
Io ho usato un vecchio Garmin Foretrek 401, le batterie mi hanno lasciato durante la pausa pranzo del terzo giorno e quelle di riserva sono morte dopo pochi minuti dalla sostituzione, forse scaricate dal fresco notturno.
Il percorso
Gli screenshot sotto riportati evidenziano il percorso di massima come pianificato (nella realtà ci sono state variazioni minori) e sono stati realizzati dal sito Opentopomap.org a cui vanno tutti i credits.
Prima tappa: 23 km
Seconda tappa: 27 km
La parte che taglia le gambe è, a fine giornata, salire dal torrente Sterzola (q. 220/230 m.slm) verso la cimetta a sud di Poggicciola (471 m.slm) al confine della Riserva di Monterufoli Caselli. Come su tutto il percorso i dislivelli sono contenuti, si parla forse di 400 metri di dislivello massimo, ma le pendenze non sono da ridere e, unitamente al carico ed al fatto che le si trova dopo una giornata di marcia, si sentono.
Terza mappa: dovrebbero essere 27 km in base alla traccia gpx, non so dirlo con certezza perchè il Garmin che usavo per misurare il percorso mi è morto a metà del terzo giorno.
In questa giornata risulta pesante:
salire dal torrente Sterza (circa 150 m.slm) al Passo Golazze Aperte (circa 490 m.slm);
fare un tratto di avvicinamento a Casale Marittimo, dove il sentiero vecchio ed in disuso passa per un .. allevamento di suini recitato, si è quindi costratti a seguire la recinzione nella macchia, quando si è ormai a quasi 70 km di marcia;
la salita a Casale Marittimo taglia le gambe. Si tratta di qualche decina di metri, ma si è ormai quasi alla fine, i chilometri si fanno sentire, i piedi macerati pure.
Fortunatamente dopo Casale Marittimo si scende e si prosegue quasi in piano (piccolissime salite) sino alla zona commerciale/industriale di Poggio Gagliardo, frazione di Motescudaio, proprio al confine con Cecina, dove i miei famigliari sono venuti a raccogliermi.
Dislivelli e pendenza sono evidenziati dal grafico generato da OpenTopoMap caricando la traccia gpx.
displivelli e pendenza by OpenTopoMap
Considerazioni conlusive
Non è un percorso da fare in tre giorni, sono pochi, a tratti è stato un martirio. Consiglierei di divederlo almeno in quattro tappe.
Sul periodo in cui farlo ho dubbi: in estate è probabilmente più semplice rifornirsi (forse) di acqua presso le strutture ricettive (ma non ho verificato, non ho la certezza della disponibilità, leggasi sotto della gentile signora a cui avevo chiesto un po' d'acqua), tuttavia si deve fronteggiare temperature molto più alte, maggiore sudorazione e via con il circolo vizioso. Esiste poi il problema delle zecche e delle vipere che va comunque preso in considerazione, in particolare le prime vista la gran quantità di fauna selvatica.
I periodi autunnali e primaverili si adattano meglio come temperatura e assenza insidie zecche/vipere, ma aggiungere un pernotto in più implicherebbe un maggior consumo di acqua che in ogni caso non c'è. E portarla nello zaino pesa.
Pernotto
Ormai siamo in autunno inoltrato e in Toscana le strutture ricettive sono in gran parte chiuse, in ogni caso avevo già deciso di far uso del solo telo (o "tarp") per realizzare il bivacco.
Nelle riserve naturali non è consentito il bivacco, o meglio.. in alcuni punti di ingresso in quella di Monterufoli Caselli è consentito previa autorizzazione. Nel caso contattate gli enti per maggiori informazioni.
Ho approfittato di tre giorni di bel tempo indicati dalle previsioni, tuttavia il terreno ero intriso d'acqua dopo molti giorni di pioggia e così ho risentito un po' della condensa sulla parte interna del telo. In particolare la prima notte la condensa era talmente copiosa da gocciolarmi addosso mentre dormivo, solo il bivy bag in goretex mi ha permesso di dormire asciutto. Le due notti la temperatura è scesa intorno ai 4 gradi Celsius, 6 all'interno del bivacco.
Mangiare
Le strutture ricettive sono tutte chiuse, i brevi tratti di asfalto non sono costeggiati di rivendite o negozi di alcun tipo e solo il terzo giorno si passa nei pressi del paese di Canneto e si attraverso Casale Marittimo quando orami si è quasi arrivati.
Personalmente mi sono organizzato con:
colazione: un pacco di biscotti, zucchero e tea;
giornata: una cibi pronti da mangiare. Non è che siano entusiasmanti, ma almeno in un singolo pacco c'è snack, pasto, integratori (non sempre), ecc.... diverse cose per affrontare una mezza giornata buona;
cena: una busta/pasto disidratato.
Avendo calcolato di coprire il percorso in tre giorni, colazione a parte, avevo razioni per quattro, preferisco tenermi un giorno in più per sicurezza.
Avevo inoltre una busta al giorno di integratori salini.
A conti fatti tra colazione, meal ready to eat durante la giornata e deidratato per la sera arrivavo a circa 2000 Kcal. Sul sito della Società Italiana di Nutrizione Umana (società scientifica senza scopo di lucro) per una attività fisica intensa (come si può considerare un trekking di questo tipo), per la mia età ed il mio peso viene indicato un fabbisogno energetico certamente superiore alle 3.000 Kcal.
Il vari risotti Knor, i nodles e similari, ampiamente usati diversi anni fa, richiedono molta più acqua, non danno il medesimo apporto calorico, sono in confezioni non sempre comode da stivare nello zaino. Lo scatolame poi è assolutamente da non prendere in considerazione per il peso che comporta, così come caricarsi due pacchi di pasta, che comunque richiedono acqua (che non c'è) per essere cucinati ed un minimo di condimento.
Bere
Il bere, non inteso come vino e alcol :) , ma come acqua per idratarsi è un problema. In diverse zone collinari mi è capitato più volte di non avere a disposizione corsi d'acqua, così come durante le escursione di due estati fa sui monti Sibillini, tra Marche ed Umbria.
Non volevo assolutamente correre il rischio di rimanere senza acqua perché dalla pianificazione non sembravano esservi negozi dove acquistarla, le strutture ricettive erano probabilmente chiuse e la carta non riportava fonti o fontane.
L'unica fontana disponibile è presso il bar ristorante la Foresta, che si incontra lunga la Strada Provinciale 33 di Montioni, dove mi sono fermato per pranzo il primo giorno, riempiendo la borraccia consumata durante la mattina.
La situazione dei ruscelli è tristissima: nonostante le copiose giornate di pioggia che avevano preceduto il trekking erano tutti secchi.
L'unica acqua che si trovava con una certa frequanza era quella di pozze putride dove, a giudicare dalla impronte, mi immaginavo sguazzare beati i cinghiali.
Per sicurezza mi ero portato dietro un filtro per purificare l'acqua e le pastiche potabilizzanti.
Sapevo di poter contare sul torrente Sterza, all'interno della Riserva Naturale di Monterufoli Caselli ed in base a ciò ho fatto i conti, partendo con 5,5 litri di acqua. Aggiungendo la ricarica fatto alla fontana sono arrivato sino al mattino del terzo giorno quando ho usato l'ultimo sorso per scollarmi dai denti i biscotti della colazione che vi si erano cementati.
I conti fatti erano giusti, dopo circa due chilometri e mezzo, entrato nella Riserva Naturale di Monterufoli Caselli, sono arrivato al torrente Sterza dove ho fatto il pieno di acqua. Contavo sullo Sterza perché lo conosco, è stato già meta di altre escursioni e sapevo di potervi trovare da riempire le borracce. Ho preferito far uso del filtro per l'acqua perché la fauna della zona è vivace (caprioli, cinghiali, lupi) e già in un altro torrente della Riserva mi è capitato di trovarci il cinghiale che stava placido in una pozza :) .
Vegetazione
Il percorso si dipana prevalentemente tra macchia mediterranea arbustiva: erica arborea, corbezzolo (fortuna vuole che fosse il momento dei frutti maturi, vale la pena mangiarseli nei momenti di pausa), ginepro, lentischio, leccio, ecc...
Nella Riserva di Monterufoli Caselli si ha un cambio di vegetazione, con alberi più alti la cui copertura va a diradare il sottobosco, con boschi di rovere, ma non solo, non mancano infatti acacia, pino marittimo, cipresso, ecc..
Fauna
Sul sentiero non è raro incontrare orme di lupo e suoi escrementi.
Gli unici incontri con la fauna locale sono stati con una prole di cinghialotti troppo curiosi, che mi hanno assediato mentre pranzavo il primo giorno. Si avvicinavano in modo impertinente, fortunatamente la madre, molto più grossa, era molto più timida e dopo averli richiamati con un forte grugnito è fuggita senza avvicinarsi troppo.
La mattina del terzo giorno ho invece incronciato due caprioli e per tutta la mattina li ho sentiti muovere per i boschi della Riserva Monterufoli Caselli.
L'equipaggiamento
Siccome le previsioni ultimamente non sono sempre precisissime, sebbene fossero previsti tre giorni di bel tempo, ho preferito portare lo strato impermeabile completo ed usare gli scarponi con in layer in Goretex.
Prendere la pioggia non è la fine del mondo, alla fine c'è il ricambio per dormire asciutti, ma la mattina seguente rimettersi i vestiti bagnati non è simpatico.
La notte mi infilavo l'abbigliamento usato per camminare nel sacco a pelo, in modo che un minimo asciugasse... non lo faceva, ma almeno la mattina era umido tiepido e non umido freddo.
Per dormire ho usato un sacco a pelo Carinthia Tropen, abbinato ad un sacco da bivacco in goretex, con un semplice materassino in spugna che stendevo sopra ad un banale telo di nylon abbstanza grande da farmi da pavimento evitandomi di poggiare zaino e materiali sul terreno ancora bagnato per le piogge dei giorni precedenti. Come detto già precedentemente la copertura è stata realizzata con un tarp, un telo impermeabile, che ho tenuto su con una ridge line (la corda arancione, sintetica e leggera) e i bastoncini telescopici, indispensabili per affrontare le salite pesantemente affardellato. All'ingresso del bivacco cucinavo.
Del filtro dell'acqua ho già parlato e non mi dilungo.
Altra cosa indispensabile sono sempre i cerotti per le vesciche. Io uso i rodatissimi Compeed, che mi hanno permesso di completare il percorso.
Lo zaino è un Lowe Alpine Saracen, surplus delle forze armate olandesi, con una capcità di 110 litri.
Scorci carini
Gli scatti che giudico più carini li ho messi per ultimi, così magari vi ho obblicato a leggere tutto *-)
Le fotografie sono realizzate con un iPhone 11 Pro Max senza aver fatto uso di filtro alcuno.